Giovedì, 30 Gennaio 2025

Alzheimer-RSA: ecco cosa mi raccontate

Pubblicato in I vostri casi. A cura dell'avv. Emanuela Astolfi

Dal rientro delle vacanze natalizie, trascorro il 50% della mia giornata lavorativa al telefono: da tutta Italia, ma prevalentemente dalla Regione Lombardia e dalla Puglia ricevo richieste di aiuto da parte di familiari di pazienti malati di demenza grave, anche diversa da morbo di Alzheimer. Le chiamate si fanno sempre più frequenti e evocano storie toccanti di sofferenza, in cui i familiari cercano di districarsi tra le difficoltà quotidiane e le esigenze sempre più pressanti. In Puglia, di recente, a seguito di una sentenza del Consiglio di Stato, sono state chieste integrazioni di rette alle famiglie, aggravando ulteriormente la situazione economica di molti, che già faticano a far fronte alle spese per le cure. In Lombardia la situazione è davvero sconcertante: ieri parlavo con una signora che in provincia di Milano, per la degenza della madre, paga quasi 3.000,00 euro mensili: "mancano precisamente 22,00 euro per arrivare ai 3.000,00 euro al mese" mi ha riferito, esprimendo una frustrazione disarmante che riflette il dramma delle famiglie, costrette a scegliere tra la salute dei propri cari e altre necessità vitali.

 

La stessa signora mi ha inoltre rappresentato che la mamma, peraltro molto anziana, solo dopo un mese dall'inizio della degenza ha perso anche le ridotte autonomie motorie che aveva prima del ricovero e che ha sviluppato due profonde piaghe da decubito, una in zona sacrale, coinvolta da stati necrotici ed un'altra addirittura sul ginocchio: "è possibile che una paziente che, complessivamente, tra quota sanitaria ed alberghiera, corrisponde alla RSA 6.000,00 euro al mese venga ridotta in queste condizioni?". La sua rabbia è tanta, e si percepisce chiaramente la frustrazione. Ed anche la mia ad ascoltare tutto ciò, mentre cerco di trovare le parole giuste per darle speranza. Peraltro, la struttura, nell'interland milanese, mi viene riferito che è considerata un fiore all'occhiello per la sanità locale, il che rende tutto questo ancora più difficile da accettare. Ho esortato la donna a richiedere subito una visita da parte di un medico legale in favore della mamma, per verificare approfonditamente le sue condizioni: purtroppo le lesioni da pressione, in soggetti già fragilissimi, possono avere conseguenze tremende e, in alcuni casi, irreversibili. La signora mi riferisce che vuole affidarsi a me per il recupero delle rette che sta versando per la degenza della madre, oltrechè per ottenere un provvedimento che la autorizzi a non pagare più, sentendosi sopraffatta dagli eventi e sfiduciata. E' stanca ed ha una voce piena di dolore, un dolore che risuona profondo. Lo stesso tipo di dolore che ravviso nella voce di un altro signore che mi chiama da Como e col quale ho attaccato pochi minuti fa, proprio prima di scrivere. Lui per la degenza del padre paga 2.536,00 Euro al mese, il genitore è entrato da poco nella struttura e già non sa più come fare, sentendosi sempre più impotente. Lo spaventa il fatto di non riuscire a garantirgli il pagamento delle cure necessarie, in un momento in cui, tra l'altro, i costi sembrano aumentare incessantemente. Io lo dico a lui, come a tutti: la retta, anche se si procede giudizialmente per porre tutti i costi a carico del SSR, va pagata. Solo se si ottiene una sentenza positiva è possibile interrompere i pagamenti, ma è cruciale comprendere che purtroppo nessun professionista potrà mai garantire al proprio cliente il buon esito di una causa: l'alea del giudizio va - per correttezza e trasparenza - sempre rappresentata, lasciando che chiunque si affidi alla giustizia sia preparato ad affrontare sia le vittorie che le delusioni.

 

Seguire le famiglie in questo tipo di cause è un'esperienza molto complessa e che pone a mio carico una responsabilità che sento molto forte: non si tratta solo di recupero di denaro. Ogni caso rappresenta una storia unica, con sfide specifiche e bisogni diversi: si tratta di restituire alle famiglie l'umanità che si perde quando si entra in questi gironi danteschi. Quando un genitore si ammala di Alzheimer, tutta la vita della famiglia si trasforma in un inferno, emotivamente si crolla in dei buchi neri che sembrano senza uscita, e ogni giorno diventa una lotta contro la disperazione. E, quando si cercano soluzioni, si ha solo la sensazione di sprofondare sempre più giù, come se le opzioni si riducessero a una scelta impossibile tra il dolore dell'assenza e il peso delle cure. I pazienti non sono assistibili in casa, le cure necessarie sono erogabili solo in strutture specializzate, il che complica ulteriormente il quadro, rendendo la situazione insostenibile. Ed è quindi indispensabile procedere con i ricoveri che costano un sacrificio emotivo enorme ai familiari, costringendoli a prendere decisioni che pesano sul cuore e sulla mente. E trovare situazioni come quelle sopra descritte, trovarsi nella difficoltà di pagare, anestetizza, quasi, i sentimenti, creando un velo di indifferenza che protegge dalla realtà ma che, inesorabilmente, porta a un accumulo di stress e ansia. Ecco, riuscire ad ottenere una sentenza positiva è un modo per rendere più umano il percorso che si è affrontato, un piccolo barlume di speranza in un viaggio spesso così faticoso, un riconoscimento della lotta di ogni famiglia e un passo verso una vita che, sebbene segnata dalla sofferenza, ha la possibilità di trovare un nuovo significato.

 

Per una consulenza legale per aderire all'azione collettiva potete prenotare con me il vostro appuntamento, da tutta Italia, chiamamndo allo 06.45433408. sarò direttamente io a seguire il vostro processo, in qualunque comune italiano.

 

Avv Emanuela Astolfi

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