Il Tribunale di Roma con sentenza NON definitiva, accoglie la domanda proposta dalla figlia di una paziente affetta da Alzheimer e rimette all’esito della consulenza tecnica d’ufficio, l’esame delle domande proposte nei confronti della RSA e della Regione Lazio.
L’importo versato per la degenza è di 164. 085,00 Euro
L’associazione Avvocato del Cittadino dedica questo importante risultato al compianto Avv Francesco Felici, promotore dell’azione collettiva, che con passione e coraggio ha iniziato questa battaglia in favore dei pazienti di Alzheimer degenti in RSA
La sentenza non definitiva n. 7327/2024 del Tribunale di Roma, pubblicata in data odierna (la quinta pronuncia positiva relativa all'azione collettiva Alzheimer -RSA), conferma l’orientamento della recente giurisprudenza: l'elemento differenziale tra prestazione socio-assistenziale "inscindibile" e prestazione sanitaria e prestazione socio-assistenziale "pura" sta nella individuazione di un trattamento terapeutico personalizzato che non può essere somministrato se non congiuntamente alla prestazione assistenziale.
Così, la domanda proposta dalla signora Elena (nome di fantasia) in qualità di erede della madre, deve ritenersi fondata ma la decisione è rinviata all'esito della CTU d’ufficio per l’esame delle domande proposte. La signora Elena, a titolo di compartecipazione alla retta per la degenza della madre, ha versato la somma totale di 164. 085,00 Euro di cui ha richiesto la restituzione alla Regione Lazio.
I familiari dei pazienti malati di Alzheimer, nel 90% dei casi, nella Regione Lazio, sono costretti a versare 1.890,00 Euro al mese alle RSA per curare i loro cari: “Questa situazione crea enormi problemi, c’è chi deve scegliere se pagare le cure al genitore o mantenere la famiglia nucleare”- spiega l’avv Emanuela Astolfi, presidente dell’associazione che congiuntamente all’avv Francesco Felici ha avviato l’azione collettiva nel 2016. Ed anche Elena è stata costretta a ricoverare sua madre in RSA in ragione dell’inevitabile aggravarsi della patologia dalla quale era affetta e ha versato alla struttura sanitaria oltre 160.000,00 Euro.
Nel provvedimento si legge “Richiamati gli elementi fattuali deve – necessariamente – ( meglio dire obtorto collo) prendersi atto del persistente orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione. Ritiene il giudice nomofilattico, che allo stato attuale della normativa, «l'elemento differenziale tra prestazione socio-assistenziale "inscindibile" e prestazione sanitaria e prestazione socio-assistenziale "pura", non sta, nella situazione di limitata autonomia del soggetto, non altrimenti assistibile che nella struttura residenziale "(...)" «ma sta invece nella individuazione di un trattamento terapeutico personalizzato che non può essere somministrato se non congiuntamente alla prestazione assistenziale», e ciò perché in tal caso, «l'intervento «sanitario-socio assistenziale» rimane interamente assorbito nelle prestazioni erogate dal Sistema sanitario pubblico, in quanto la struttura convenzionata/accreditata garantisce all'assistito dal SSR, attraverso il servizio integrato, il programma terapeutico, ed è quindi inserita a pieno titolo nell'ambito organizzativo e funzionale del Servizio sanitario pubblico” E ancora “Quindi, al fine della valutazione del discrimine, non rileva la natura della patologia: Alzheimer o arteriosclerosi o altra forma di demenza senile, né le caratteristiche della struttura (ovvero se sia accreditata per quel tipo di prestazioni) ma le condizioni del malato: non rileva, conseguentemente, che fosse stato concordato un piano terapeutico personalizzato, ma rileva che quel Piano fosse necessitato in relazione alla patologia per la quale risultava affetto, in ragione dell’evoluzione della patologia. E quindi, continua il giudice deputato alla uniforme interpretazione del diritto, in quel momento ( e solo in quel momento n.d.r.) l’intervento assistenziale rimane interamente assorbito nelle prestazioni erogate dal SSN, in quanto la struttura accreditata/convenzionata, garantisce all’assistito, - attraverso il servizio integrato – il programma terapeutico integrato”.
La causa è stata rimessa al ruolo per la consulenza tecnica d’ufficio. “Attendiamo con fiducia l’esito di questa vicenda – spiega Astolfi – condividendo questo importante risultato con l’avv Francesco Felici, nel nostro impegno c’è la sua presenza”.
Al momento i procedimenti pendenti – in tutta Italia – sono 38, per prenotare una consulenza legale e aderire all’azione collettiva è necessario fissare un appuntamento (anche via skype) chiamando allo 06.45433408